Riprendiamo la raccolta dei nostri articoli del mensile di Eventi Venetando dedicati ai campanili del Quartier del Piave e della Vallata.
È la volta di Refrontolo con dei particolari davvero interessanti sulla fattura delle campane, e di Cison di Valmarino con i campanili non solo di Cison ma anche di Tovena!
Per questo secondo articolo ringraziamo sentitamente Flavio De Bin che dà un po’ di respiro al nostro Enrico Dall’Anese e conferma la preziosa collaborazione con le nostre Pro Loco.
Il campanile di Refrontolo
Di Enrico Dall’Anese
Poco sappiamo sull’origine del campanile di Refrontolo. Abbiamo tuttavia la data esatta del suo completamento: il mese di luglio del 1613.
È quello un periodo di grande fermento per Refrontolo: da qualche decennio la chiesa non è più “cappella” della Pieve di San Pietro di Feletto, ma ha raggiunto la sua autonomia diventando chiesa “parrocchiale”.
Viene anche costruita la canonica nella sua parte più antica, quella che dà su via Capretta. Nel 1613 viene anche costituito il legato De Nardo con cui pre Bortolo stabilisce che con i suoi beni vengano distribuite ai suoi parrocchiani ogni anno due botti di vino e dieci staia di frumento.
Nulla sappiamo neppure delle prime campane. Si sa che tre nuove campane furono rifuse nel 1853 dai “maestri fonditori”, i fratelli De Polo di Ceneda. La mezzana e la grande furono tolte dagli austriaci durante l’invasione per costruire cannoni. Vi ritornarono nel 1922: la prima è dedicata alla patrona Santa Margherita, la seconda alla Madonna “Ausilio dei Cristiani”.
Il campanile fu restaurato nel 1992, fortificato nella parte più alta con anelli di cemento armato. La meridiana del campanile reca l’endecasillabo “Passan le ore e sono contate”. Il motto, che appare anche in un campanile del Vittoriese, è tratto da un epigramma del poeta latino Marziale (41-104 d. C.): “Dies pereunt et imputantur”, i giorni passano e saranno addebitati, messi in conto.
Sorto in un’epoca paganeggiante, il monito, in un campanile, acquista oggi un significato prettamente religioso e rivela un profondo senso cristiano del tempo: ogni momento è decisivo per la salvezza, ogni istante è prezioso per far del bene, per questo è “contato”.
La stessa scritta appare nell’antico Palazzo del Senato, simbolo di Palermo, oggi sede del Comune. All’esterno del palazzo una “chicca” è costituita dall’orologio sulla facciata principale, tornato in funzione nel 2014 dopo trent’anni dal guasto.
L’epigrafe “Pereunt et imputantur” spicca sotto il quadrante. In questo contesto il motto va interpretato come un monito ai governanti a fare buon uso del tempo prezioso in cui sono chiamati ad amministrare.
I campanili di Cison di Valmarino
Di Flavio De Bin
Le torri, i castelli, i grattacieli, i campanili insomma tutto ciò che si eleva, oltre a specifiche funzioni di carattere difensivo, sociale rimane il simbolo, l’emblema di chi è più forte, più in alto degli altri, chi è più ricco, chi è più potente!
Pensiamo alle famose torri di San Gimignano in Toscana, dove i ricchi signori facevano a gara di chi aveva la torre più alta.
Ma anche oggigiorno le grandi capitali mondiali e la Tour Eiffel ne è la capostipite, celebrano la loro ricchezza economica e di prestigio internazionale erigendo fabbricati che si sviluppano su centinaia di metri.
Anche nelle nostre piccole realtà la sola idea di avere qualcosa di grande inorgoglisce le comunità, che dovevano però, specie un tempo, fare i conti con le disponibilità economiche.
Diffusa ad esempio la presenza di campanili o torri campanarie che non sono state completate, mancando della parte alta terminale.
Al di là degli aspetti architettonici e di prestigio sociale, il campanile delle chiese, scandiva col rintocco delle campane i ritmi della vita, del lavoro e della preghiera.
Erano delle comunicazioni “via etere” ante litteram e il suono doveva raggiungere tutti, nelle ampie distese delle pianure, quanto sui monti e le valli più remote. Era un modo per tenere unita la comunità, informarla di ciò che stava succedendo, dando notizie tristi o gioiose o addirittura di pericolo o richiesta di soccorso.
Il campanile di Tovena
A Tovena, l’attuale campanile è quello ricostruito in seguito alle distruzioni provocate nella prima grande guerra.
Il precedente, come si rileva da una relazione del Parroco don Agostino Comai inviata alla Commissione d’arte sacra il 14 marzo 1929, risaliva al 1600.
Più precisamente, si trattava di una costruzione in stile romanico, edificata su ruderi di una torre medioevale e ubicata di fronte la chiesa e non come è l’attuale a fianco della chiesa sul lato nord.
Il nuovo campanile fu ricostruito a partire dal 1953 su progetto dell’ing. Giovanni Serravallo di Vittorio Veneto: basamento rivestito in pietra, mentre il resto è in mattoni pieni faccia a vista fin al cornicione in pietra su cui poggia la loggia delle campane, scandita da due arcate per ciascuno dei quattro lati.
Presenta un’aguzza guglia colorata a base ottagonale e una cella campanaria con alte aperture, l’orologio, posto appena sotto, ha la suddivisione delle ore in numeri romani ed è illuminato.
Il campanile di Cison di Valmarino
Il campanile della antica pieve di Cison di Valmarino che oggi ammiriamo dalla piazza Roma, e edificato in occasione della terza ricostruzione della chiesa intorno al 1740, si trova ubicato sul lato nord-est della chiesa stessa.
A base quadrata e costruito con blocchi di masegno, oltre al quadrante dell’orologio, la sovrastante cella campanaria presenta un’ampia apertura per ciascun lato. La parte terminale non è mai stata ultimata, e oggi osserviamo un tamburo ottagonale in mattoni che chiude così la parte sommitale dei 40 metri di sviluppo della torre.
Interessante è una lapide posta a monte dell’entrata alla torre del campanile e che riporta un’iscrizione da cui si desume che il campanile preesistente fosse stato costruito intorno al 1395 e ristrutturando il più antico campanile in stile romanico di qualche secolo prima.
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