Nell’immediato dopoguerra, sorsero in tutti i paesi del Regno d’Italia unioni, gruppi e comitati di ex combattenti della Grande Guerra, in gran parte poi confluiti nelle sezioni dell’allora Associazione Nazionale Combattenti.
Il loro fine era principalmente di tipo assistenziale e commemorativo: assistere gli smobilitati e soccorrere i reduci in difficoltà e le loro famiglie, mantenere viva la memoria dei tanti giovani morti, attraverso cerimonie pubbliche e l’edificazione di cippi e monumenti.
Tra il 1919 e il 1920 la popolazione dei territori liberati, viveva precariamente attraverso miseri sussidi erogati dallo Stato.
In questo disastrato contesto sociale, si inserisce questa straordinaria storia di solidarietà dei Gruppi Combattenti di Combai e del loro torchio.
Questo gruppo di ex combattenti, fu spinto ad agire dalla necessità di raccogliere fondi per finanziare l’assistenza e probabilmente anche la costruzione del monumento ai Caduti.
Con il torchio montato su ruote e trainato da una vacca, durante il periodo della vendemmia gli ex combattenti si recavano tra le famiglie del paese e dei limitrofi, per farsi donare dell’uva.
Il vino ricavato veniva venduto alle frasche ed alle osterie, la somma raccolta era destinata al sostentamento delle vedove e degli orfani di guerra.
Il torchio è giunto fino a noi grazie alla sensibilità di Diego Stefani, il poeta contadino di Combai, che lo ereditò dal padre e che ha affidato il “prezioso cimelio” a Franco De Biasi, Presidente della Sezione Artiglieri di Miane, perché facesse conoscere questa straordinaria storia di solidarietà compiuta cent’anni addietro.
Il torchio, recuperato e restaurato attraverso il lavoro e l’impegno di alcuni volontari delle Associazioni d’Arma di Miane, in primis Aldo, Mario e Piero, è sempre visibile, col suo carico di storia, alle mostre del vino di Miane e Combai.
Questo articolo, a cura di Gianantonio Geronazzo, è tratto dal mensile di Eventi Venetando di aprile 2018.