Val Trippera. La conoscete?
È la valle creata dal torrente Crevada: le rocce, le grotte e gli antri sono visibili per la spaccatura del bancone conglomeratico di era terziaria che ricopre la parte superiore di tutto il territorio felettano.
Territorio già spettacolare di per sé: colline, valloni, piccole radure, boschi e ordinatissimi vigneti intorno agli abitati di San Pietro, Santa Maria, Rua e San Michele di Feletto.

Crocevia di vari itinerari sempre più richiesti, a piedi, in mountain bike, a cavallo.
In particolare, lungo questi percorsi è possibile ammirare delle grotte carsiche, (dette dei “Landri” e dei “Landron”, fenomeni carsici e manufatti tipici del territorio del Feletto), sorgenti, canyon e borghi antichi immersi in una natura di straordinaria bellezza.

Vi sono inoltre i resti del Molino Crevada che delimita, tra l’altro, il confine fra i comuni di Refrontolo e di San Pietro di Feletto. Mulino che aveva due corpi di fabbrica ad altezze diverse: la parte residenziale a ovest e in alto e la zona molitoria più in basso. Per poter sfruttare l’energia idraulica fu necessario costruire una briglia sul torrente a monte del mulino e quindi una scolina derivata per portare l’acqua alle sue pale. La portata d’acqua costante del Crevada, anche in periodi di siccità, garantì il buon funzionamento di tale opera fino agli inizi del ‘900 servendo gli abitanti di entrambi i comuni.

Vi è poi la cosiddetta “grotta dea graspa”, il cartello che la indica ai turisti riporta:
In questa grotta, fino al 1966, i contadini della zona distillavano la grappa clandestinamente. Questo posto era giudicato sicuro per non farsi prendere dalle guardie della Finanza, alle quali, se presi, si doveva pagare l’imposta di fabbricazione alcolici e salate multe. La grappa era prodotta in parte per uso familiare e in parte per la vendita con il cui ricavo si cercava di sbarcare il lunario. Il periodo era ancora di povertà diffusa e di emigrazione. Il motto dei distillatori abusivi era: “Scònderse bèn tosati che per fàrse ciapàr e per morir de fan lé sempre tèmp”.
E poi, un bicchierino fa digerire la triste miseria.
Si racconta che, nonostante le numerose incursioni della Guardia di Finanza e i conseguenti sequestri dell’attrezzatura, i distillatori riuscirono sempre a farla franca.

Un luogo appartato e sicuro, insomma, che è anche la caratteristica che condiziona l’attribuzione di questo strano nome: Trippera, appunto.
Durante il periodo dell’occupazione veneziana, i contadini, oberati dagli esosi tributi, ebbero l’arguzia di usare questo sito tortuoso, profondo e anche un po’ segreto per eliminare gli scarti della macellazione degli animali non censiti e sfuggire così alla scure delle imposte della Serenissima.
Quindi Trippera da “trippe” buttate in segreto nei burroni della valle…
Informazioni tratte dal sito del Comune di San Pietro di Feletto
Debora Donadel
