Le colline di Conegliano Valdobbiadene, le colline del Prosecco: il riscatto di una comunità

Le caratteristiche che hanno fatto delle colline del Prosecco un sito patrimonio dell’umanità sono ormai ben note e trattate ampiamente anche in questa rubrica. Ciò di cui non abbiamo parlato, è il motivo per il quale si sono creati i presupposti per questa combinazione culturale tra uomo e natura.

Il tratto distintivo che contraddistingue il paesaggio delle colline di Conegliano e Valdobbiadene non è solo la cultura univoca del vitigno glera (tra l’altro anch’esso considerato “povero” e invece trasformato in un vino di alta qualità…), ma soprattutto la presenza di tantissimi piccoli produttori. Da ciò deriva il frazionamento delle proprietà (e il conseguente “paesaggio a mosaico”) e la passione viscerale per la viticoltura, eredità di generazioni che hanno trovato, nella cura della vite e della terra dove cresce, il riscatto da secoli di molteplici dominazioni tipiche di un territorio di frontiera quale è sempre stato quello che ora è diventato sito Unesco.

Colline Unesco

Gestioni familiari, piccoli appezzamenti, vitigno “povero”…tutti elementi “minimi” che hanno generato grandi idee e una ricchezza naturale tale da essere riconosciuta un vero e proprio patrimonio!

Lo spiega molto bene il dossier di candidatura presentato al World Heritage Committee che ha puntato tutto sulla qualità del paesaggio e sulla rispettosa opera dell’uomo nel corso dei secoli traendo spunto dall’iscrizione dell’area nel Registro Nazionale dei Paesaggi Rurali Storici del Ministero dell’Agricoltura.

Ve ne proponiamo qui un piccolo estratto che si riferisce proprio alle caratteristiche sopra citate.  

Combai Moncader

I tratti distintivi del paesaggio bio-culturale delle colline, premessa al riscatto della sua comunità

I caratteri geomorfologici del sito ed il suo corredo insiediativo sono alla base di un territorio periferico, caratterizzato da uno sviluppo deciso da un unico dominus – sia esso costituito da sovrani, nobiltà o alte gerarchie ecclesiastiche – lungo secoli di dominazione dell’assenza di un disegno di sviluppo da parte di un dominus, ma dall’attaccamento alla terra da parte di piccoli agricoltori. Tali elementi, che hanno caratterizzato lo sviluppo insiediativo del paesaggio – e che contrassegnano oggi lo skyline fatto di piccoli borghi e castelli, chiese, fortificazioni come già visto – hanno forgiato la coscienza collettiva e cementato l’ostinazione delle popolazioni delle colline.

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L’equilibrato rapporto tra attività antropiche e servizi eco-sistemici che viene ancora oggi preservato, testimonia l’approccio di adattamento e di mutua interdipendenza tra aree agricole e territorio ed è alla base del modello di bio-diversità culturale che si è consolidato nel XX e XXI secolo.

La parcellizzazione di proprietà terriere, aziende agricole e dello stesso mosaico agrario è un elemento ricorrente del paesaggio delle colline, ed è altamente rappresentativo di come sia stato proprio l’approccio “dal basso” a generare un modello di riscatto del territorio nel XX e XXI secolo.

E’ su questo fragile territorio che piccoli vignaiuoli, borghesia produttiva ed enti locali favorirono nel Seicento l’istituzione dell’Accademia degli Aspiranti, e delle successive scuole mirate a mettere a sistema tecniche e conoscenze in campo agrario in risposta ad una condizione di povertà diffusa e dell’assenza di un disegno di sviluppo in quanto territorio di frontiera da parte delle potenze dominatrici di turno.

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[…] E’ sul territorio delle colline che ancora oggi trovano spazio un complesso ed eccezionale mosaico agrario, nonché ciglionature fragili – che a differenza dei terrazzamenti con muri a secco non incidono sulla conformazione originaria dei terreni – poste su ripide rive in cui le attività agricole di rammendo e raccolta sono ancora eseguite prevalentemente a mano da una fitta rete di piccoli agricoltori in quella che è già stata definita dall’OIV “viticoltura eroica” a dimostrazione del viscerale rapporto tra attività umane e terra.

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